Museo Gemmellaro
Reperti geologici e paleontologici

Per la sua storia e il numero di oggetti esposti è uno dei musei più prestigiosi di Palermo e tra i più importanti d’Italia nel campo della geologia e della paleontologia. Da 154 anni il Museo geologico Gemmellaro, oggi inserito nel circuito dei “Musei di charme” del capoluogo siciliano, consente di ‘viaggiare’ indietro nel tempo, grazie ai suoi oltre 600 mila reperti. In realtà, questa importante struttura, dal 1985 funzionante nei locali di Corso Tukory appartenenti alla facoltà di Geologia dell’Università di Palermo, affonda le sue origini nel 1779, quando venne allestito presso la Casa dei Padri Teatini in Via Maqueda (attuale sede della Facoltà di Giurisprudenza) il Gabinetto di Storia Naturale della Regia Accademia degli Studi, istituita da re Ferdinando I di Borbone. Ma è proprio a partire dal 1860, nel pieno dell’epopea garibaldina, che questo museo scientifico visse un lungo periodo di auge. Fu infatti nell’anno dello sbarco delle “camicie rosse” in Sicilia che il paleontologo catanese Giorgio Gemmellaro si precipitò a Palermo dalle Isole Canarie, dove conduceva ricerche, attirato anche dalla nuova temperie politica. Il suo obiettivo era trasformare quel dipartimento accademico in uno spazio espositivo di richiamo internazionale. Da allora, e fino a molto tempo dopo la scomparsa del suo animatore (avvenuta nel 1904), il Museo Gemmellaro occupò il secondo posto nella “classifica” dei musei paleontologici europei, preceduto solo dal British Museum di Londra. Un fascino che perdura. Lo provano le collezioni dei cosiddetti “olotipi”, ossia reperti che hanno consentito di individuare nuove specie zoologiche e mineralogiche (il museo ne custodisce oltre un migliaio) e quelle di ossa di animali che decine di migliaia di anni fa nuotavano nel Tirreno o scorrazzavano sul suolo sicilano: dagli squali preistorici, agli ippopotami e lontre, iene e bisonti. E, soprattutto, gli elefanti nani, estinti da centinaia di migliaia di anni, di cui il museo conserva due rarissimi scheletri. Di forte interesse scientifico è anche il corpo ricostruito di Thea, come è stata affettuosamente ribattezzata una donna vissuta in Sicilia 14mila anni fa. Ma non è tutto. Il Museo Gemmellaro custodisce anche un pezzo unico al mondo: un cristallo di cloruro di sodio contenente una bolla d’acqua del Mare Mediterraneo risalente a sei milioni di anni fa. A queste testimonianze geologiche, se ne aggiungono molte altre più recenti. Come i campioni di lava raccolti sull’isoletta vulcanica di Ferdinandea che, per tre volte – tra l’estate e il dicembre del 1831 e, solo per pochi giorni, nel 1846 e nel 1863 – emerse e si inabissò nel Canale di Sicilia. (Antonio Schembri)